24/7 Malika
La notte tra il 23 Luglio e il 24 Luglio verrà ricordata (almeno i miei nipoti) come la notte del “furto”.
Devo ammettere che, sebbene sia stato il bersaglio più gradito dai nostri visitatori, patì meno del previsto le conseguenze dell’accaduto.
Passato qualche giorno, l’assenza forzata del cellulare finì persino con rivelare i suoi lati positivi. Dopo forse 6 anni, per la prima volta, sperimentai la vita senza l’appendice elettronico e, purtroppo, ne notai i benefici.
Il furto non passò come un fatto qualsiasi all’interno della comunità. Nessuna rivoluzione, ma gli avvenimenti che ne scaturirono, il giorno stesso e i giorni seguenti, furono tali da scuotere i miei occhi assuefatti da occidentale dando una sferzata al mio immaginario e alle mie idee.
Più volte ho considerato quel furto una grande fortuna.
La mattina dopo la visita notturna, scoprimmo l’accaduto dopo colazione. Ci dirigemmo comunque tutti alla scuola, era il primo giorno di attività.
Nel tragitto e nelle pause si discusse l’avvenimento e le sue dinamiche; io e Fabrizio, B in questo caso, rimanevamo per qualche ragione piuttosto ottimisti sulla possibilità di rivedere i nostri beni.
Rientrati a casa per la pausa pranzo ogni più rosea previsione fu accantonata.
Ansiosi di risposte e conforto, Io e Fabrizio B ci accontentammo di osservare Jule mentre spargeva polveri nelle camere e accendeva una candela all’angolo del corridoio sul quale davano le nostre stanze. Sorrisi qualche secondo, incredulo e incuriosito, un sorriso di presunzione. Ma il tono mutò in fretta quando lo scorrere dei miei pensieri arrivò al paragone. Rimasi scosso e iniziai a pensare, da allora non ho ancora smesso…
Il pomeriggio seguente il gruppo si divise. Una parte continuò il lavoro a scuola, un’altra iniziò il giro tra le famiglie dei bambini che “Renken” sostiene nel villaggio. Seguii il secondo gruppo.
La prima tappa fu in una casa vicinissima alla scuola.
Mi ero attardato ed entrai nell’abitazione qualche minuto dopo gli altri.
Percorsi il breve corridoio dell’ingresso saltando qualche gallina e sorprendendomi di quanti animali vivessero all’interno. Nella sala vidi Fabrizio B mentre osservava le stanze rimanendo un passo fuori da ognuna e Simona che ascoltava in piedi i dialoghi tra Lara, Claudia e la padrona di casa. La donna era seduta e teneva in braccio uno dei bambini più piccoli. Parlava piano e non sembrava dare espressione alle sue parole. L’accento Wolof contribuiva a rendere ancora più serio il suo portamento. Era sola a guardare i bambini. Il marito era partito per il Mali dopo il concepimento del loro ultimo figlio, per ricordarsi quanto tempo era passato calcolava il tempo della gravidanza e i pochi mesi trascorsi dal parto. Per calcolare la sua età invece non aveva altri punti di riferimento e aveva rinunciato al conteggio molto tempo prima.
Alternava la direzione del suo sguardo unicamente verso l’interlocutore e verso il volto dei suoi figli così rimasi qualche minuto a fissarla ma non trovai nel suo volto tracce di resa o disperazione.
Più tardi ci spostammo in un’abitazione poco distante, più centrale nel villaggio.
Fummo accolti in un cortile sabbioso condiviso da alcune famiglie. Un lungo filo, i cui estremi corrispondevano alle due pareti opposte nel cortile, ospitava vestiti appesi.
Le aree coperte da un tetto erano poche stanze, molto piccole e poco illuminate, notai che tra tutte c’era solo un materasso. Questa volta fummo invitati a sederci all’aperto, per terra, su un telo comune.Escluso parzialmente dai dialoghi, avevo la possibilità di guardarmi intorno. Dalla sabbia del cortile emergevano oggetti di ogni tipo. Una calza, un contenitore, un sacchetto di plastica bianco, l’ennesimo che vedevo semisepolto per terra. Questa padrona di casa era un donnone enorme con un sorriso direttamente proporzionato. Indossava un vestito semplice ma elegante che le copriva tutto il corpo. Teneva una delle sue figlie in braccio e uno dei bambini per mano, si muoveva lentamente ma non sembrava fare fatica.
Non aveva più accesso all’acqua ed era preoccupata per la salute dei membri della famiglia. Anche in questa abitazione nessun uomo si trovava in casa in quel momento.Più volte durante le conversazioni mi aveva sorpreso il vigore della sua risata e i sorrisi spontanei che riservava anche nei nostri confronti. Una mamma e una donna solare, anche senza Ikea.
Mentre ci congedavamo si fece seria e richiamò le sue bambine. Ognuna ci salutò con un inchino. Uscimmo dal cortile nel mezzo di un nuvolo di bambini che stavano giocando per la strada, vedendo noi esitarono qualche istante scambiando qualche parola nella loro lingua, poi ricominciarono a correre alzando una nuvola di polvere dietro di loro.
Nessun commento:
Posta un commento
Scrivi nel campo bianco il tuo commento. Poi nella tendina seleziona "Nome/URL" e nel campo "Nome" digita il tuo nome. Grazie!