E’ arrivato il momento. Lo so, lo sento. In un letto d’ospedale percepisco il calore dei miei cari. C’è mia moglie di fianco a me; è seduta e c’è mio figlio, il più grande che le tiene la mano. Mi fissano. Mi accarezzano. E piangono. Sembra che io abbia trasmesso loro la mia convinzione che la mia vita sta per finire qui. E’ giunta al capolinea e anche loro ne sono consapevoli.
Potrei passare questi ultimi istanti, aspettando che giunga davvero il mio “ultimo istante”. No. Non voglio. Provo a guardarmi indietro e a rivivere ciò che è stata la mia vita. Facendone un’analisi oggettiva. Tanto lo so, appena tutto questo finirà, c’è chi mi giudicherà con obiettività ancor maggiore di quanto non possa fare io in questo momento. Arrivato a questo punto cosa serve illudermi di aver fatto…e di averlo fatto bene, o almeno con l’intenzione giusta. Vado indietro, e indietro ancora. Ripercorro tutti i fatti salienti della mia vita, quelli gioiosi e quelli tristi. Eppure non la trovo. Ci sarà una ragione se ho vissuto gli ultimi anni della mia vita in un letto attaccato a ingombranti macchinari. Perché tutto ha una causa scientificamente parlando, o forse tutto ha uno scopo cristianamente parlando. Non lo so. Dipende da me allora. A cosa scelgo di credere? E’ difficile. Pero sto continuando a cercarla, ma di “lei” non c’è traccia. Mi sembra di aver fatto le scelte giuste. Ho lavorato, ho messo su famiglia. Ho dato tutto l’affetto possibile a chi mi sta vicino e a chi amo. Insegnando loro a vivere secondo sani principi, per quanto la dimensione di “uomo e basta” mi conceda di insegnare. Però, parliamoci chiaro. Qualcosa avrò pur fatto per meritarmi tutto questo. “Lei” c’è, per forza di cose. Se è vero che ad ogni azione corrisponde sempre una reazione uguale e contraria, allora a chi ho fatto del male. Aiutatemi a capire.
Entra il mio secondo figlio maschio. E’ il più piccolo dei tre. Lo guardo. E si. Forse proprio con te ho sbagliato. Sappiamo entrambi come è andata. D’altronde quello che è successo, è successo anche per colp…No, impossibile. Forse l’irrefrenabile desiderio di cercare “lei”, mi convince a vederla anche dove non c’è. E’ successo si, ma in fondo io non c’entravo niente e poi insomma si è sistemato tutto. Bah…
Basta ci rinuncio. Tanto per quanto cerco e ricerco non la vedo. Ora posso vivere gli attimi finali senza pensare più a nulla. Però so che devo ancora attendere. Non ci sono tutti ancora. Ma quanto ci metti? Dai muoviti non ce la faccio più…Non reggerò ancora a lun…ah, Finalmente. Eccoti. Ci sei anche tu. Ti guardo figlia mia. Anche se non mi credi, io ti sto guardando. Non piangere, non devi.
Va bene mi sembra ci sia tutto. Sono tutti qua. Mia moglie e i miei tre figli. Me ne posso andare in pace. Ma “lei”, la ragione della sofferenza non l’ho trovata. Vabbè non importa. Arrivato lassù forse qualcuno me la spiegherà. Intanto lascio questa stanza in cui sembra essere condensato tutto l’amore che ho sempre avuto e che sempre mi ha dato rifugio nei momenti difficili. Magari “lei” e proprio questo. Non è quella ragione scientifica, quel principio di azione e reazione applicato al nostro trascorso. Probabilmente è soltanto quella forza che, quando cerchi un motivo razionale e non lo trovi, ti spinge a cercare al di là. Ti spinge a convincerti che oltre a quello che tocchiamo e sentiamo, c’è qualcos’altro in cui però possiamo soltanto credere perché non l’abbiamo mai visto.
Ok. Stop. Vi saluto miei cari. Mi chiamano e non posso fermarmi oltre. E così, dopo un ultimo respiro libero e pieno come da anni non lo era stato mai, chiudo gli occhi e...e inizio a sognare.
Giù il cappello di fronte a questo splendido e toccante esordio. Benvenuto!
RispondiEliminaUno scritto che arriva nel profondo dei nostri sentimenti.
RispondiElimina