Molto semplicemente una lista di cose che mi sono piaciute di questa esperienza, che porterò sempre con me come ricordo e preziosa ricchezza:
- Il profumo della vecchia macchina di Mary: un misto di odori che riconoscerei in mezzo ad altri mille e che mi hanno fatto sentire a casa dal primo giorno.
- L’esplosione della natura in tutte le sue forme e in modi che non avrei mai immaginato potesse esprimersi.
- Il tempo dedicato, cercato, voluto per lunghe passeggiate senza meta.
- Sdraiarmi ogni sera prima di andare a dormire sul giardino di casa a guardare le stelle cadere.
- Le culture e costumi di giovani ragazzi nostri coetanei di mezzo mondo, di cui ho appreso pensieri, speranze e idee e con cui ho condiviso i miei sogni e un pezzo di strada.
- Gli spazi giganti di questa terra, che mi hanno fatto sentire minuscolo ma non per questo meno importante.
- La bassa marea dell’oceano che è sempre qualcosa di magico a cui assistere in silenzio.
- Leggere, scrivere, pensare, pregare, riscrivere, con la grande fortuna di non dover rincorrere il tempo e dando ad ognuna di queste azioni il solo ritmo della necessità.
- Aprire gli occhi alle tante incongruenze che mi porto dentro, dar loro un nome e provare ad affrontarle o accettarle da qui in poi.
- Sentirmi più vicino che mai a voi che con pazienza e bellezza avete accolto le mie parole durante queste settimane.
- La solitudine difficile di certi momenti, la solitudine arricchente, la solitudine sofferta, la solitudine desiderata, la solitudine affascinante, la solitudine pericolosa, la solitudine evitata di tanti altri.
- Scoprire nei libri e nella musica compagni di viaggio fedeli e pazienti.
- Vedere che me la cavo ancora abbastanza bene con una palla da basket in mano.
- Fermarmi in punto preciso per scattare una foto e poi proseguire.
- Muovermi sempre con lo zaino sulle spalle, ovunque andassi.
- Tutti i concerti improvvisati in mezzo alla strada a cui ho avuto la fortuna di assistere.
- Il colore dell’acqua, dei coralli, dei pesci, degli uccelli e delle nuvole al tramonto.
- I fumetti dell’orrore che ho letto per capire meglio i dialoghi.
- Una chiacchierata di tre ore con una ragazza italiana incontrata per caso al molo.
- Non aver trovato una risposta alla domanda: “Cosa vuoi fare da grande?”. Avevo il terrore che capitasse, in mezzo a tutti questi pensieri.
- Sapere fin da adesso che sarà un’esperienza fondamentale, ma non capirne a fondo il motivo.
- I cartelli stradali che ti avvertono di prestare attenzione all’attraversamento dei canguri.
- Guardare un sacco di film, che mai avrei la voglia di guardare a casa, tipo “Alvin superstar” che ho visto per davvero, per il semplice motivo di vederli in inglese.
- Sentire la vostra sincera mancanza.
- La messa in inglese.
- Farmi paladino e rappresentante dell’Italia nel mondo, con tutte le bellezze e i difetti, suoi e miei.
- Vedere come esista una sola grande “razza” australiana formata da gialli, neri, bianchi, rossi e verdi che riescono ad andare oltre il colore della pelle e vivere pacificamente o quasi.
- Sentirmi fortunato e privilegiato, sentimenti che ogni volta che sperimento mi riempiono di responsabilità.
- Leccare il culo di una formica locale perché ha il gusto del limone.
- Incrociare lo sguardo di chiunque per strada, per cui la risposta e il dono è sempre stato un sorriso.
- Gli occhi azzurri e profondi di certi bambini aborigeni che, contrastando con il nero della loro pelle, mi hanno fatto pensare alla perfezione.
Fortunatamente non tutto è sempre stato così piacevole, quindi mi sembra giusto concludere con quello che invece non mi è piaciuto di questo viaggio, e che spero di portare con me come monito e completamento:
- Gli occhi dei genitori di quei bambini, così pieni di vino e tristezza.
- Non aver avuto la possibilità di andare pienamente a fondo nelle relazioni, per colpa di una lingua che, per quanto migliorata a livelli di cui mi ritengo ampiamente soddisfatto, ha comunque rappresentato un limite.
- La birra australiana: troppo frizzante e leggera.
- La moquette di camera mia, non proprio la prima cosa che associo quando penso alla parola “aspirapolvere”.
- Il modo di divertirsi dei ragazzi australiani, che prima bevono e poi diventano simpatici.
- L’assoluta mancanza di storia nelle strade di una città e una nazione troppo giovani. Il passato ricorda da dove vieni e che errori è bene non ripetere, eppure questo concetto sembrano averlo radicato molto più da queste parti che da noi.
- L’accoglienza, che dicevo prima, di chiunque arrivi, ma che non rispetta e coinvolge chi su queste terre ha vissuto per millenni, discriminato, emarginato e condannato a una vita di serie B.
- Non aver avuto la possibilità di suonare la chitarra e di giocare a calcio come si deve.
- L’assoluta mancanza di amore delle giovani madri che ho incontrato sui vari pullman nel rivolgersi ai figli in passeggino che piangevano invano in attesa di essere ascoltati.
- La vista di un samoano ciccione a torso nudo che ho visto divorare due gelati in altrettanti minuti mentre si infilava le dita nel naso e rideva sguaiato guardando un video su internet. E’ uno dei primi personaggi che ho incontrato arrivando qui, ma difficilmente lo dimenticherò! Ho trovato giusto scrivere anche le cose che non mi son piaciute proprio pensando a lui.
Ovviamente non è tutto, ma è quello che in un’oretta mi è venuto in mente ripensando a caldo a questi mesi. Nel tempo avrò modo di pensare ad altri episodi, aneddoti, pensieri che voi raccoglierete dalla mia viva voce.
Grazie davvero per la vostra attenzione!
Leggendo l'elenco delle tue sensazioni ho potuto condividere l'emozione di questo tratto di strada che hai percorso lontano da casa e sono sicura che tutto ciò che hai vissuto ti sarà prezioso per la vita! In realtà tutto è vivibile anche senza muoverci da casa, ma l'esserne lontano ci fa essere più sensibili ed è questo il valore aggiunto di un viaggio, che ci fa scoprire noi stessi e ci rivela quanto abbiamo intorno! Grazie per avercelo trasmesso! Bacianna
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