Ragazzi, prima o poi vi doveva toccare un aggiornamento del genere. Vi chiedo scusa fin da subito, ma l’argomento di questa settimana va a toccare l’aspetto più banale e scontato che ognuno di noi immagina quando pensa all’Australia. Meglio comunque levarsi il dente subito, nelle prime settimane, che aspettare due tre mesi e poi tutto a un tratto, quando la speranza di averla scampata vi avrebbe reso tutti più contenti, ecco che vi sarebbe arrivato un resoconto in cui vi avrei raccontato dell’ovvio.
Quando sono partito, chiunque non ha fatto altro che raccomandarsi di stare attento ai canguri, di salutarglieli, di mandargliene uno a casa via posta, di fare loro una foto mentre li abbraccio, faccio a botte con loro, li bacio o passeggio per il centro mano nella zampa. Insomma, la fantasia di ognuno per l’occasione è davvero volata in alto. Ma credo comunque di aver battuto tutte le aspettative di chiunque e, se devo essere sincero, anche del sottoscritto.
Come avrete capito una delle novità delle settimana è che ho finalmente avuto modo di incontrare il famoso marsupiale. Quello che mai mi sarei aspettato è però che avessi modo di avere un rapporto così ravvicinato con i suoi muscoli e le sue zampe. Immagino che vi starete chiedendo che cavolo voglia dire con questo, se sia stato un incontro violento, se mi sia saltato addosso, se davvero uno di loro, per gelosia o invidia mi abbia sul serio tirato un pugno. Insomma, voi vorreste sapere giustamente se siano animali docili, pacifici, di quelli che si lasciano accarezzare, avvicinare, che prendono il cibo dalla tua mano e magari ti sorridono o sembra tanto che lo stiano facendo, oppure se siano animali aggressivi, violenti, attaccabrighe, piantagrane e via dicendo. Ebbene, io a tutto questo non so darvi una risposta, cari amici.
L’unica cosa che mi sento di potervi dire con certezza è questi animali sono buoni.
Eh sì, perché io i canguri, ancor prima di vederli, di accarezzarli e fotografarli, ho deciso che sarebbe stato meglio mangiarmeli. E mannaggia se son buoni.
E’ andata così. Venerdì è stato l’ultimo giorno di due miei compagni di classe: un coreano, di cui vi farò vedere le foto perché a mio avviso ha una delle facce più buffe e divertenti della storia, e una giapponese, che è proprio uguale a come vi immaginate una giapponese, solo un po’ più cicciottella.
In settimana avevamo deciso di festeggiarli andando a fare una grigliata sulla laguna di Cairns, un posto di cui è meglio che non vi mandi le foto perché poi mi toccherebbe ricevere i vostri insulti e le vostre maledizioni, e così è andata. Nel fare la spesa, i miei amici con gli occhi strani hanno avuto la superba idea di comprare anche un mezzo chilo di sottofiletto del simpatico marsupiale, perché certi che sia io che altri non l’avessero ancora assaggiato.
Ora lo so che vi state chiedendo almeno due cose: chissà quanto costa e chissà che gusto avrà? E io, che non sopporto tenervi sulle spine, vi rispondo subito, senza dilungarmi ulteriormente.
Lasciatemi però fare una veloce parentesi sull’organizzazione e la cura che i miei amici hanno avuto nel organizzare la grigliata: davvero, da rimanere senza parole. Abbiamo mangiato tutti fino a scoppiare e il cibo è finito tutto così, in maniera talmente naturale che io all’inizio ho pensato che qualcuno ne avesse buttato un po’ per non far vedere che ne fosse rimasto. Incredibile l’attenzione dei particolari, come ad esempio comprare l’aglio per insaporire le verdure o i piatti, i tovaglioli e addirittura le posate. Ma chi ha mai fatto una grigliata con le posate? Geniali. Tutti avevano un ruolo, sapevano cosa fare, si muovevano con una leggiadria e una coordinazione che pareva di essere a uno spettacolo di nuoto sincronizzato. Erano talmente organizzati che io e un altro, sentendoci di troppo, non abbiamo fatto una cippa e abbiamo solo mangiato e cazzeggiato. Ci pareva davvero scortese rovinare tutto quel lavoro.
Torno alla carne di canguro, di cui molti si erano già dimenticati e che in effetti non è che sia proprio tutto ‘sto grande argomento, per dirvi che no, non è per niente cara, che costa molto meno di altre carni tipo il pollo che qui lo paghi inspiegabilmente una follia, e che, per farvi capire, gli australiani la utilizzano come cibo per cani. Per quanto riguarda il gusto avevo la folle paura di dovervi dire, come sempre in questi casi, la tipica frase di chi assaggia una carne di un animale particolare e tutti gli chiedono di cosa sappia: “Avete presente il pollo? Eh, più o meno è come se vi steste mangiando un pollo.” Per fortuna posso dirvi che sa non sa per niente di pollo, anzi. E’ una carne rossa, bella citrigna -aggettivo per la cui definizione vi rimando a qualcuno di casa Billero, o all’ormai terrone acquisito Alessandro Cesca-, che ha il sapore della carne. Né più né meno.
Passando ad altro, l’altra succulenta novità della settimana è che ho ricevuto il prestigioso incarico di insegnare la lingua di Dante, dei santi, poeti e navigatori a questi quattro ignorantoni di australiani.
In realtà a una sola di loro, ma mi piace pensare di fare le cose in grande.
Da lunedì diventerò il professore di italiano di una ragazza che presto volerà nel nostro Bel Paese e che, essendo la nipote di Mary e sapendo che ci fosse un italiano in pianta stabile a casa di sua nonna, non si è lasciata sfuggire l’occasione. Vi terrò aggiornati. Comunque pensavo di iniziare con Alfieri e Ungaretti, giusto per non metterla in difficoltà già dalla prima lezione. Credo che sia un ottimo metodo per migliorare il mio inglese e mi sembrava stupido non accettare la proposta.
Scusate ma adesso devo andare. Sta iniziando Alvin Superstar e non vorrei perdermelo.
Ah un’ultima cosa: in questi giorni il cielo di sera è stato di un terso come non si possa sperare di meglio. E posso dirvi che anche qui, come da noi, le stelle migliori te le ritrovi sopra la testa.
Non è una frase da capire, non scervellatevi, è così e basta: all’orizzonte si vedono stelle poco luminose, mentre se solo ti sforzi ad alzare il mento ti si presenta uno spettacolo che mozza il fiato.
Per quanto riguarda l’attesa rubrica inaugurata la scorsa settimana, “Proverbi italiani che non hanno senso se li dici in Australia”, questa settimana vi propongo:
Francia o Spagna, purché si magna.
Nota sul precedente numero: qualcuno di voi potrebbe notare che anche in Australia esiste una cittadina chiamata Roma (stranamente Roma, non Rome) e che quindi lo scorso proverbio potrebbe aver senso anche se lo dici da queste parti.
Ma mi sono informato e a quanto pare chiunque vada a Roma, quando torna, ritrova quasi sempre la sua poltrona.
Tante care cose.
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