What if I say you're not like the others?


Point Particle è un blog nato per ospitare le idee e i pensieri di chiunque voglia scriverci. Nella sua pur breve vita, ha accolto e fatto leggere pezzi molto diversi, scritti da persone molto diverse. Pezzi che forse raccontano la storia di chi li ha scritti, o magari l'accarezzano soltanto. Frutti di un'ispirazione che a volte riesce a disporre le lettere una di fianco all'altra proprio in quel modo che ti fa provare qualcosa di speciale. Un'ispirazione che si è manifestata in persone normali, come te e come me. Persone che hanno deciso di condividere qualcosa con chiunque passasse di qui, anziché perdere i propri pensieri nei meandri della mente.
Perché chi deposita qualcosa in questa piccola banca non ha niente da perdere, ma chi apre questa pagina e legge qualche pezzo ha molto da guadagnare.
E allora... Buona lettura!

mercoledì 26 ottobre 2011

Cosa resta dopo il terremoto

Davanti agli occhi, solo le macerie. Immobili. Pesanti. Una furia devastatrice ha lasciato dietro sé l’ombra della morte. E il suo odore.
La città non è più una città: le strade sono ormai cumuli di rovine attraversati dal fango, le case sembrano un quadro che ritrae la vanità piegata e asservita. Tra la polvere e i mattoni rovinati, si riescono a scorgere dei fiori. Non sono diversi da come dovevano apparire prima: ora sono solo più veri. Feriti e recisi in mezzo alle rovine ugualmente ferite. Fino a ieri illuminavano una stanza, avevano un posto preciso nell’ordinata sistemazione della vita non ancora sconvolta. Dopo la scossa della terra da cui erano stati tolti, sono più belli. Sono il simbolo della tragedia, della distruzione, di ciò che cerca disperatamente il proprio posto anche sul palco fatto di macerie, in attesa di un pubblico invisibile che non arriverà. Sono come tutte le altre cose costrette ad abbandonare l’ordine artificiale e che vogliono conquistarsi un posto tra i blocchi caotici e disarmonici dei detriti, dei mobili mutilati, dei cocci, delle schegge, dei brandelli che una volta erano cose, avevano un nome e un posto nella gerarchia del mondo. Ora invece sono tutti indistintamente accozzati, avvinghiati, sommersi l’uno sotto l’altro. Cercano di non rimanere soffocati sotto il peso di tutti gli altri piccoli pezzi di frammenti senza più un nome e senza più un futuro, cercano di rimanere il più in alto possibile, accarezzati dal sole e bagnati dalla pioggia. Così si illudono di sopravvivere al disastro, di resistere, di essere pronti a reinventarsi, a ridiventare qualcosa, a riappropriarsi di un nome e di una funzione.
In realtà saranno solo i primi dei loro compagni di sventura ad essere portati via dalle ruspe.